TELEMACO SIGNORINI QUADRI (clicca) |
Nacque a Firenze il 18 agosto 1835, figlio di Giovanni, un pittore della corte del Granduca. |
Nato da una colta famiglia borghese di idee liberali, ebbe i primi insegnamenti d'arte dal padre, noto pittore di vedute. Frequentò per breve tempo l'accademia (1854), dove ebbe come compagno A. Cecioni. Dipinse dapprima quadri di soggetto storico e letterario (ispirati alle letture di W. Scott e N. Machiavelli) tentando tuttavia, fin dal '54, i primi studi en plein air in compagnia di O. Borrani. Dopo un lungo soggiorno a Venezia (1856), e un periodo di viaggi nell'Italia settentrionale, Signorini dipinse, nel '58, a La Spezia, studi fortemente chiaroscurati in cui applicava radicalmente la tecnica di macchia. Repubblicano di fede mazziniana, nel '59 si arruolò volontario con Garibaldi. Tornato in Toscana, riprese assiduamente gli studi di paesaggio. Personalità estroversa, battagliera, Signorini ebbe nel gruppo macchiaiolo soprattutto il ruolo di animatore e di guida intellettuale: polemista, critico, satirico, fu anche collaboratore della « Nuova Europa » (dove scrisse, tra l'altro, un saggio programmatico sul realismo pittorico, 1863), fondatore con Martelli del « Gazzettino delle arti del disegno » (1867), foglio indipendente del gruppo, direttore con A. Cecioni del « Giornale artistico » (1873-74), e autore di numerosi saggi in difesa delle teorie estetiche veriste e del volume Caricaturisti e caricaturati al Caffè Michelangelo (1893), che è tra le fonti più preziose per lo studio del movimento. Coltivò anche l'incisione illustrando, tra l'altro, alcune opere di Martelli e G. Uzielli. Telemaco Signorini.jpgDi talento ineguale, dimostrò invece una straordinaria capacità di reazione davanti al « vero ». Un « vero » a volte solare, luminosissimo, mobile, colto con pennellate sfatte, quasi informi, negli anni pionieristici della « macchia », quando lavori come il suo Merciaio della Spezia (1858, Milano, coll. priv.) o il Ghetto di Venezia del '61 assunsero il valore di saggi programmatici dell'estetica macchiaiola; un « vero » altre volte più riflessivo, interiore, come in Novembre (1870, Venezia, Galleria d'Arte Moderna) o in certi paesaggi degli anni più tardi (Dal santuario di Riomaggiore, 1890, Roma, Ambasciata USA). |
Per sua stessa ammissione più portato alle lettere che alla pittura, Signorini, abbandonati nel 1852 gli studi letterari, si formò a Firenze con il padre, pittore del granduca di Toscana, poi con Vito d’Ancona e Federico Maldarelli a Venezia, dove ebbe occasione di conoscere il torinese Enrico Gamba e diversi pittori stranieri. Tornato a Firenze, si vide respingere alcune opere dalla Promotrice cittadina «per eccessiva violenza di chiaroscuro», come racconta in una lettera del 1892. Dopo aver vissuto e lavorato a Roma e Napoli (1871-72), nel 1873-74 visitò De Nittis a Parigi, dove incontrò anche Boldini, e da dove inviò diversi articoli al «Giornale artistico» di Cecioni. Si spinse anche fino a Londra, dove tornò più volte in seguito, arrivando fino in Scozia. |
Telemaco Signorini (Firenze 1835 - ivi 1901), tra le più significative personalità del gruppo dei macchiaioli, di cui fu anche teorico, dipinse impressioni urbane e paesaggistiche (Novembre, 1870) e opere animate da un pungente verismo (Sala delle agitate, 1865), giungendo nell'ultimo periodo a effetti di accentuato lirismo (Pioggia d'estate, 1886).
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