ERBE AROMATICHE
E PIANTE SELVATICHE ALIMENTARI ALL'ELBA



 

La cucina riflette la vita quotidiana ed i costumi dei popoli. Nel cammino dei secoli si è continuamente rinnovata e modificata: si sono perfezionati i metodi di cottura, prodotti nuovi sono arrivati sulle mense, gusti e mode sono stati abbandonati e poi ripresi e quello che poteva essere una squisitezza per un romano o un uomo del Medioevo è immangiabile per noi ma forse incontrerà il gusto dell'uomo fra tre o quattromila anni. Ma l'antichissimo uso delle piante ed erbe aromatiche in cucina è continuato attraverso i secoli. Due fattori determinarono probabilmente quest'uso: il loro aroma che poteva rendere più appetibili le carni maleodoranti e mal cucinate (teniamo presente che la carne degli animali uccisi nei periodi di caccia doveva essere conservata per lungo tempo nel fondo delle caverne) e le proprietà curative che l'uomo primitivo avrà intuito osservando il comportamento degli animali ammalati o feriti che, guidati dall'istinto, sceglievano le erbe adatte per curarsi. Queste necessità continuarono dalla preistoria all'antichità, al Medioevo: la conservazione dei cibi era sempre difficile e gli unici medicamenti conosciuti erano le erbe alle quali oltre alle effettive proprietà curative vennero attribuiti anche poteri magici. E quando i nuovi metodi di conservazione dei cibi non giustificarono più la necessità dell'uso delle erbe aromatiche esso non decadde poichè era diventato un piacere ed una raffinatezza del palato.
Diverse a seconda della collocazione geografica dei popoli, più o meno abbondanti a seconda della moda, le erbe aromatiche entrano a far parte di tutte le ricette che ci sono pervenute sia della cucina popolare che della cucina dotta.
La cucina popolare — che si identifica con la cucina regionale — è quella che ha utilizzato maggiormente gli aromi vegetali, alcuni dei quali caratterizzano i suoi piatti e naturalmente la scelta di esse è stata determinata dalla localizzazione delle spiante spontanee nelle diverse regioni.

All'Elba si trovano tutte le piante aromatiche mediterranee: poche specie vengono usate nella nostra cucina. Stupisce anche il fatto che piante rigogliose all'Elba usate in altre regioni italiane non siano conosciute da noi come piante alimentari: ad esempio la mortella (mirto) che è un ingrediente primario negli arrosti in Sardegna, qui all'Elba non è considerata pianta alimentare. Ma ricordiamo che la tradizione e la gastronomia sono profondamente legate fra di loro: anche nell'uso degli aromi è la tradizione che ci guida.
Non elencherò in queste mie brevi note — che non hanno certo veste scientifica — le piante che sono universalmente note e che entrano anche nei nostri piatti più o meno abbondantemente. Il prezzemolo, la cipolla, l'aglio, il sedano, la carota, il basilico sono indispensabili e chi si mette a cucinare senza questi « odori » può essere paragonato ad un cacciatore che si accinge a sparare senza palle nè polvere.
Segnalerò soltanto le erbe e le piante che, da secoli, vengono usate nella cucina elbana ed i loro principali impieghi, per ricordarle a chi le conosce e per suggerirle a quanti desiderano seguirmi in questa ricerca.

 

Ramerino Rosmarino (Rosmarinus officinalis)
Tipica pianta mediterranea cresce spontanea in tutta l'Elba. In una relazione intorno all'Elba che il Giovannelli dedicò al Granduca di Toscana nell'anno 1771 dice: « ...ottimo il miele, essendovi fra le altre piante odorifere, una quantità così grande di mortelle e rosmarini che di questi ultimi in alcuni luoghi dell'Isola si fa l'istesso uso che altrove far si suole delle legne minute ».
Il suo nome significa profumo di mare ed i suoi fiori azzurrini sono il simbolo della sincerità in amore. Comunque a noi interessa il suo uso in cucina dove è una delle piante più gradite. All'Elba più delle foglie usiamo i rametti interi. L'esaltazione del ramerino è negli arrosti sia di carne che di pesce: ma attenzione: il ramerino va usato per arrostire carni di bue, di vitello, di agnello,di pollo e di coniglio e fra i pesci lacerti, muggini, pesci di bianco, con aglio e zenzero.
Per far penetrare bene l'aroma si spennellano le carni con un ramo di ramerino intinto nell'olio. Usiamo inoltre abbondante ramerino per friggere le patate a tocchetti insieme a spicchi d'aglio non sbucciati. In queste preparazioni è bene usare il ramerino fresco che qui non manca in ogni stagione. Il più profumato è quello che cresce spontaneo « lungo le marine ». Sulla costa da Cavoli a Pomonte, sulle rocce granitiche dell'Enfola, sulle scogliere che racchiudono il Golfo di Lacona il profumo dei rosmarini è inebriante.

Nepitella (Calamintha nepetoides)
La nepitella (qualcuno la chiama anche nepetella) è una pianta spontanea che viene usata largamente nella nostra cucina: in altre parti d'Italia viene chiamata mentuccia o mentastro molto impropriamente.
La nepitella ha un aroma inconfondibile che tende all'amaro ed è indispensabile nelle zuppe di baccalà, nella cottura delle lumache, nella pappa al pomodoro e nei funghi in umido.
Si consuma sia fresca che essicata e si trova in tutta l'Elba, lungo gli argini dei fossi. Probabilmente per la facilità di reperirla, viene usata da tempi remotissimi ed in molti piatti.

 

Finocchio (Foeniculum Vulgare)
Il nome è un diminutivo del vocabolo romano fieno: i Romani lo consideravano parte integrante della loro alimentazione.
Crescono spontanee all'Elba altre due qualità di finocchio (il finocchio marino ed il finocchio acquatico), ma in cucina usiamo soltanto il finocchio volgare. Lo troviamo nei campi incolti, nelle vigne e lungo gli argini. La piantina tenera viene usata nelle minestre e nelle zuppe: nella minestra con i fagioli campesi (fagioli con l'occhio) ne tempera il sapore di terra, si consuma inoltre nelle insalate cotte o crude mista ad altre erbe.
La pianta ed il fiore, sia freschi che secchi, servono per preparare gli arrosti di carne di maiale, di cinghiale e la loro rosticciana.
Gli zerri, le sardine e le acciughe arrosto vogliono il finocchio e non il ramerino: ogni carne vuole la sua erba aromatica e queste scelte tradizionali sono sempre valide. Non dimentichiamo di aggiungere una buona manciata di finocchio all'acqua che bollirà le castagne ed alla salamoia per le olive.

 

Ginevro - Ginepro (Juniperus communis)
Il ginevro è una pianta diffusa in varie parti dell'Elba. Non tutte le piante fruttificano perchè vi sono piante maschili e femminili: soltanto su queste ultime si formano le bacche. Le bacche per maturare impiegano due
anni: si raccolgono nel tardo autunno quando da verdi sono diventate nerebluastre.
Si usano specialmente nel Marcianese in tutti gli umidi di carne di maiale o di cinghiale. Le ho viste usare anche negli stufati di pollo e
di coniglio.+

 

Alloro (Laurus nobilis)
È una pianta sempreverde conosciuta da tempi antichissimi. Il suo nome significa verde e nobilis le venne dato perchè era l'unica pianta usata per incoronare imperatori, re, poeti.
Vi sono varie specie di lauri — cui l'alloro appartiene — come il lauro canfora dal quale appunto si estrae la canfora ed ho voluto ricordarlo poichè lo possiamo trovare anche all'Elba (parco di San Martino).
Nella cucina elbana l'alloro non viene usato per preparare gli arrosti e le conserve di pomodoro come in altre parti d'Italia. È invece un ingrediente essenziale per la preparazione dei fegatelli di maiale e dei funghi e melanzane sott'olio, dove le foglie devono essere usate fresche, appena colte. Foglie secche di alloro si usano per la preparazione dei fichi secchi ai quali danno un caratteristico profumo. Si usa inoltre — fresco — nella preparazione di alcuni stufati di carne, si aggiunge all'acqua per lessare il pesce e nelle carni alla cacciatora. I nostri vecchi bruciavano sulla stufa o nel braciere alcune foglie secche di alloro per togliere dagli ambienti qualsiasi odore. Si trova su tutto il territorio elbano:
piante rigogliose nei dintorni di Poggio e nel parco di San Martino.

 

 

Salvia (Salvia officinalis)
Soltanto dal 1500 questa pianta aromatica ha fatto il suo ingresso in cucina. Vi sono dei tipi di salvia che crescono spontanei nei campi e si usano nelle insalate cotte, ma la salvia aromatica che usiamo viene coltivata e, data la mitezza del clima, le piante raggiungono un notevole sviluppo. Ricordiamo che nei piatti dove usiamo la salvia non deve essere usata altra erba aromatica: non mescoliamola: annullerebbe completamente gli altri odori.
È l'aroma d'obbligo per i fagioli lessi o all'uccelletto e per i ceci. E si adopera negli arrosti soltanto per la cacciagione.
La salvia non è — comunque — impiegata all'Elba così largamente come in altre zone della Toscana: ad esempio nel Pisano entra con l'aglio in tutti i piatti di carne o di pesce.
Era usata quale calmante per la tosse.

 

 

Pepolino - Timo (Thymus vulgaris e serpyllum)
Tutte le varietà del timo venivano chiamate all'Elba — come del resto in tutta la Toscana — pepolino. Veniva largamente usato fino a una cinquantina di anni fa, e se ne trova anche qualche pianta spontanea.
Dà un ottimo sapore alle fave stufate, alle zuppe di verdura, ai ripieni. Le sue foglie fresche sostituiscono egregiamente l'origano nella pizza. Ne ho visto piante molto belle nelle campagne di Magazzini, nei dintorni di Porto Azzurro, alla Zanca e a Sant'Andrea: in queste località lo adoperano ancora.

 

 

Zenzero - Peperoncino (Capsicum frutescens)
Perchè in Toscana il peperoncino si chiami zenzero non lo so. Dico in Toscana ma non sempre deve essere stato così perchè l'Artusi nel suo libro « La Scienza in cucina e l'arte di mangiar bene » nella sua ricetta seconda del cacciucco dice di averlo imparato a Viareggio e aggiunge: « ... per zenzero colà s'intende il peperone rosso piccante ... », quindi, nel 1891, il peperoncino era chiamato zenzero soltanto nelle zone costiere della Toscana e nelle Isole dell'Arcipelago. Probabilmente le navi che arrivavano nei porti toscani dall'Asia avevano portato lo zenzero (Zingiber officinale) — pianta che viene coltivata lungo i tropici — il cui rizoma ridotto in polvere è un aroma piccante e il nome fu poi dato al peperoncino. Questa pianta arrivata in Spagna dall'America dopo la sua scoperta, quindi alla fine del 1400 conquistò ben presto tutti i paesi mediterranei, l'Africa e l'Asia.
Non ho trovato alcuna traccia scritta sull'uso dello zenzero all'Elba ma è certamente da secoli che viene coltivato e adoperato nella nostra cucina. Insaporisce le salse, i sughi di carne e di pesce, gli umidi di pesce e
di carne. Lo usiamo per arrostire carni e pesce, per condire gli spaghetti aglio-olio dove dà il giusto tono, è indispensabile nella nostra zuppa di pesce (che noi chiamiamo cacciucco seppur impropriamente). Ricordiamo che è l'unica droga innocua. Nel secolo scorso lo usavano per curare la colite ed è innegabile che eccitando la secrezione gastrica — cosa del resto che fa anche il pepe — aiuta la digestione. Studi recenti di medici americani hanno dimostrato che il peperoncino ha proprietà vasodilatatorie e agisce sul colesterolo e quindi protegge dall'infarto e dall'arteriosclerosi.

 


Persa - Maggiorana o Persia (Origanum Majorana)
Questa pianta aromatica diffusissima e molto usata nelle cucine liguri e piemontesi, è all'Elba coltivata soltanto in alcune zone della costa occidentale e specialmente alla Zanca e Sant'Andrea ed è sconosciuta o quasi nelle altre parti dell'Elba. La chiamano « persa » come i liguri nel loro dialetto. Probabilmente qualche commerciante in vini — e ne venivano numerossimi da Genova —, oppure qualche navigante portò la prima piantina nel secolo scorso. Un abitante del luogo — che è sulla cinquantina — ricorda che già la sua nonna ne aveva alcune piante che poi dette ad amiche e conoscenti, quindi più di un centinaio di anni fa era già conosciuta a Sant'Andrea ma nei paesi vicini arrivò molti anni dopo. Nella zona dove è più conosciuta e coltivata la usano nelle frittate, nei ripieni, negli umidi e anche nella preparazione del pesce arrosto, quindi più largamente che nella cucina ligure. Ne fanno inoltre una zuppa chiamata persata, facendo bollire una grossa manciata di persa con aglio e olio per un quarto d'ora, rompendo poi delle uova in questo brodo bollente. Conquisterà questa pianta aromatica tutta l'Elba in un futuro?

 

 

Le raccolte delle erbe e piante aromatiche viene fatta nella stagione del loro perfetto sviluppo ed è meglio raccoglierle verso sera, dopo una giornata di sole che le ha asciugate per bene, permettendo loro di effondere tutto il profumo.
All'Elba non abbiamo bisogno di seccarle per l'inverno: sono per la maggior parte fresche e presenti tutto l'anno. Comunque per seccarle si pongono in un luogo ombroso e ventilato stendendole su tavolelle se sono foglie — ad esempio l'alloro — oppure legandole in mazzetti se sono rametti come il ramerino, la nepitella, la salvia, il finocchio. Dopo averle lasciate quattro o cinque giorni all'aperto — avendo cura che non siano bagnate dalla « guazza » — si metteranno in vasi di vetro o di latta ben chiusi senza mescolarle fra loro poichè mescolandole non otterremmo che del buon fieno!
Gli zenzeri devono essere staccati dalla pianta quando sono ben maturi (nel mese di settembre) con un pezzetto di picciolo, e infilati uno vicino all'altro passando il filo nella corolla. Si appendono quindi queste collanine all'aperto per una settimana (sempre ritirandole alla sera) e poi si conserveranno appese in casa.
L'uso delle piante aromatiche deve essere oculato: ricordiamo che una quantità eccessiva può dare un sapore sgradevole ai cibi. L'alloro negli umidi deve essere tolto dopo poca cottura e tutte le erbe aromatiche rimosse prima di servire in tavola. Mangiare l'erba sarebbe come mangiare le foglie di tè dopo averne bevuto l'infuso!

Oltre alle erbe aromatiche che ho elencato abbiamo all'Elba piante selvatiche che i nostri antenati usavano abitualmente in cucina e delle quali anche noi possiamo cibarci essendo ancora l'ambiente in cui crescono immune da inquinamenti chimici o industriali.
Ricordiamo che il sapore delle piante selvatiche è più deciso di quello delle stesse piante coltivate: una corretta mescolanza di queste erbe può accontentare ogni palato.
Prima di consumarle, sia cotte che crude, devono essere ben lavate e lasciate a bagno in acqua fresca acidulata per un certo tempo. Devono essere lessate in pochissima acqua, a fuoco lento, e in un recipiente coperto affinchè l'acqua di evaporazione, che contiene gli aromi ed i sali minerali, si depositi nuovamente sulle verdure.

 

Bietola selvatica (Beta vulgaris)
Molto più saporita di quella coltivata, è una pianta perenne che si trova nei campi e nei sabbiosi litoranei. Ottima lessa, con i pesci in umido e per preparare i ravioli.

 

 

Burrana - Borragine (Borago officinalis)
È una pianta annua con foglie pelosette che si trova in grande quantità nei campi lavorati e in mezzo alle vigne.
È ottima lessata (cuocendo perde la pelosità), insieme ad altre erbe e per preparare i ravioli e le torte salate.

 

 

Porro (Allium ampeloprasum)
È una pianta perenne comune nei campi aridi vicino al mare: saporitissimo all'Elba. I porri si consumano lessati, se ne fanno saporitissime zuppe e si aggiungono ai minestroni. Veramente eccezionali per sapore e grossezza quelli che crescono sullo Scoglietto (il piccolo scoglio di fronte alla spiaggia delle Ghiaie). Certo è soltanto una nostra prerogativa dire: « prendo la barca e vado a cogliere due porri »!

 

 

Asparago - Asparago dei boschi (Asparagus Acutifolius)
È una pianta che cresce spontanea in tutta l'Elba nelle siepi e nei luoghi aridi. Quando l'inverno sta per finire
spuntano dalla pianta i nuovi turioni sottili e tenerissimi. Sono molto più saporiti degli asparagi coltivati e li usiamo per ottime minestre, per risotti, lessati e conditi, ma « la loro morte » è in frittata.

 

 

Cappero (Capparis spinosa)
Questa pianta conosciuta fin dall'antichità cresce abbondantemente all'Elba nelle fessure delle rocce e delle vecchie mura. È un decoro floreale delle Mura Medicee di Portoferraio. Se ne raccoglie il fiore ancora in boccio nei mesi da giugno a settembre e si conserva poi sotto sale o sott'aceto. Si usa in molte preparazioni della nostra cucina. I capperi devono essere raccolti dalla pianta con il tempo secco perchè per una buona conservazione devono essere molto asciutti.

 

 

Vi sono poi tutte le piante selvatiche che cogliamo per consumare cotte o crude in insalata o per insaporire minestre. Ne facciamo una mescolanza che chiamiamo « le erbe » e che possiamo trovare anche in vendita con questo nome presso i negozi di verdura.
Oltre ai germogli teneri del finocchio, nelle « erbe » troviamo:

 

Il lattughino (Reichardia Picroides)
che a Portoferraio si chiama tranapecoro, nel Marcianese lattipecora, nel Campese e nel Riese ortipecora, che è poi il terracrepolo nel Fiorentino e nel Senese;

 

 

Senapeselvatica (Sinapis Arvensis)
che noi chiamiamo senapino,

 

 

Radicchio selvatico (Cichorium Intybus) 
che chiamiamo indifferentemente cicoria amara o radicchio.

 

 

Cicerbita (Sonchus Oleraceus)
all'Elba crespignolo;

 

 

Soffione (Taraxacum Officinale)
da noi dente di cane

 

Lingua di cane (Plantago Lanceolata)
chiamata sette nervi o orecchie d'asino

 

Papavero (Papaver Strigosum)

 

Rapastrello (Raphanus Raphanistrum)
da noi ramolaccio

 

Costole d'asino (Hypochoeris Radicata)
che all'Elba qualcuno chiama lingua di bove

 

Carota (Daucus Carota)
all'Elba pastinaca;

 

Strigoli (Silene Vulgaris)
che chiamiamo i fischi

 

 

Certamente non le ho citate tutte poichè con il nome di radicchio, radicchione o cicoria, chiamiamo parecchie piante della famiglia delle Compositae che sono molto simili tra di loro.

Non per usi di cucina, ma per uso medicinale raccogliamo

 

Vetriola (Parietaria Officinalis)
che cresce abbondantissima dappertutto,

 

Malva (Malva Sylvestris)
che cresce in mezzo ai ruderi e sugli argini

 

Ortica (Urtica Dioica)

 

 

Con queste erbe prepariamo dei decotti ottimi sfiammanti dell'apparato gastrointestinale, oppure utilizziamo l'acqua di cottura per colluttori od impacchi. Utilizziamo — sempre come sfiammate

 

Gramigna (Cynodon Dactylon)
che chiamiamo gremigna

 

Sambuco (Sambucus Nigra)

 

 

le cui foglie pestate e poste sulla parte malata calmano i dolori reumatici e nevralgici.
Sia l'ortica che il sambuco non sono usati all'Elba in cucina come in altre parti della Toscana.

All'Elba sono presenti anche piante selvatiche che ci danno i loro frutti

 

Erbitro - Corbezzolo (Arbutus unedo)
Pianta che ci dà le rosse « bacole » dal dolce sapore. Le bacole vengono mangiate crude semplicemente oppure in macedonia con altri frutti condite con zucchero e moscato. Se ne fanno ottime marmellate. Attenzione a non eccedere nella quantità perchè possono dare sintomi di ubriachezza.

 

Zizzolo - Giuggiolo (Zizphus jujuba)
Pianta che spontanea si trova nelle zone più aride dell'Elba. Fu importata in Italia dai Romani verso la fine del regno di Augusto e poi si è inselvatichita. Le drupe che noi chiamiamo zizzole sono di un bellissimo colore rosso-bruno e vengono mangiate crude.

 

Sorbo (Sorbus domestica)
È un albero spontaneo che cresce numeroso nei boschi del Marcianese e in ogni parte dell'Elba. Fiorisce in
maggio ed in ottobre compaiono i frutti — le sorbe — fatte come piccole pere. Quando raggiungono la maturazione — nel mese di novembre — diventano di un colore bruno porpora e sono molto dolci. Si mangiano crude. Si possono cogliere anche acerbe e lasciarle maturare su un tavolello, consumando via via quelle pronte. Si riteneva fossero curative del diabete.

 

Rovo (Rubus fruticosus)
Nelle siepi, nei cespugli, nella macchia questa pianta cresce in tutta l'Elba. Era chiamata anche moraio o vama.
In agosto-settembre maturano su di essa le more, frutti di un bel colore rosso scuro che vengono consumati crudi, ma soprattutto per fare marmellate. Ancora pochi decenni fa, durante la stagione delle more, i ragazzi erano incaricati da raccoglierne il più possibile perchè la mamma potesse fare la marmellata per tutto l'anno. Qualche contadino, trattandole come il mosto dell'uva, ne faceva una specie di vino.


 

Fico d'India (Opuntia Ficus-Indica)
Diffusissima in tutta l'Elba, questa pianta è — nella tarda primavera — con i suoi fiori rosso-arancio, una delle più belle macchie di colore nel nostro paesaggio. I frutti giungono a maturazione nell'agosto-settembre e
la loro polpa giallastra è dolcissima. Si mangiano crudi e se ne fanno ottime marmellate.


 

Oltre a queste erbe aromatiche e piante selvatiche che ancora usiamo per la nostra alimentazione e per curarci, vi sono piante che crescono spontanee all'Elba delle quali ci siamo dimenticati come di altre che venivano coltivate soltanto due generazioni fa e delle quali non si sente più parlare.
Il profumo della menta piperita nei ravioli e nella panzanella, il liquore fatto con l'erba cedrina, la biancheria che profumava di lavanda, di malvarosa e di santamaria chi li ricorda più?
Nelle campagne e in quei deliziosi giardinetti racchiusi tra le mura delle case di Rio, di Marciana, di Portoferraio, tutti coltivavano l'erba canfora per il suo delizioso profumo così provvidenziale negli svenimenti delle fanciulle e delle donne di allora. Ma il tempo cammina e le fanciulle non svengono più e tantomeno le donne. Abbiamo ben altro da fare!