LE EVANESCENZE ELBANE DI NARDELLI
Il fascino, quasi irreale, dell'essere isola.
La linea sinuosa dell'antica Cosmopoli che sboccia nel fiore ottagonale della Torre del Martello.
Lo Scoglietto, sentinella di un mare mai uguale.
Le Prade, con quel che rimane del vecchio ponticello.
Ma anche gozzi in legno spiaggiati o all'ancora e, poi, rose, tante.
Gialle, rosa antico, bianche.
Entrare nel mondo pittorico di Elvio Nardelli è come sfogliare un vecchio album, abbandonarsi alla dolcezza dei ricordi e lasciarsi trasportare dal sogno.
Da un sogno senza fine, dove trovano spazio le espressioni della natura più care all'artista e ai portoferraiesi, con un unico grande interprete: il mare.
Calmo e impercettibile nei colori, arrabbiato, gonfio e prepotente, laguna immobile in cui si allungano le geometrie della città medicea, spuma leggera che accarezza candide scogliere, come una grande madre è una presenza costante nella pittura di Nardelli.
Come un barometro misura i suoi stati d'animo, accoglie i suoi pensieri, lo accompagna in una realtà che si culla nella dimensione insulare.
Dove il richiamo dell'azzurro è forte, e l'occhio ama perdersi in un infinito indefinibile, limitato soltanto dalla sagoma, altrettanto indefinita, dello Scoglietto, al quale nulla sfugge dalla naturale, privilegiata posizione.
Lo Scoglietto è compagno fedele del pittore portoferraiese, e quando non è lo Scoglietto a dominare in lontananza la tela, con la consueta discrezione che ne esalta il fascino, è la penisola di Portoferraio. Raramente il compito di richiamare l'appartenenza alla Scoglio è affidato alla morbidezza delle cime elbane.
E' ai luoghi della memoria che l'artista portoferraiese si affida volentieri per esprimere il senso profondo dell'essere isola
. Dove tutto acquisisce un connotato diverso, quasi irreale.
Forse per questa ragione l'espressione artistica di Nardelli è soprattutto un rincorrersi di lontananze, di suggestioni evocative alle quali è dolce abbandonarsi.
E dove si perdono solitarie barche in legno, campagne fiorite, determinati dirupi rocciosi della costa portoferraiese, il bacino termale di San Giovanni, la banchina medicea.
II tratto etereo, la dolcezza dei colori e la rarefazione delle atmosfere rendono impalpabile l'opera, quasi una tinta a pastello, quasi un eterno mattino invernale, quando l'isola si sveglia nella foschia e tutto è apparenza.
E' l'ora in cui l'Elba appare ripiegata su se stessa, è l'ora in cui l'artista dispiega le ali della propria interiorità per ritrovare serenità e pace.
Nel solitario, intimo, silenzioso dialogo con una natura che accarezza le corde dell'anima, il pittore sembra cercare sempre nuove coordinate.
Paesaggi e marine inseguono la linea dell'orizzonte definiti soltanto dalla leggerezza del pennello.
Tutto è evanescenza, lasciato a una dimensione ché non può essere definita, né tanto meno acchiappata; è' il fascino indescrivibile dello Scoglio, che solo il mare sa spiegare con i suoi umori sempre diversi.
Con l'eterno linguaggio dell'onda.
Che è passato, presente e futuro.